Genitori, figli e condizionamenti inconsapevoli molto precoci

Genitori, figli e condizionamenti inconsapevoli molto precoci

L’approccio psicoanalitico dimostra in modo plausibile, da un lato, l’importanza delle esperienze pre e immediatamente post natali ai fini della vita emotiva di un individuo. Dall’altro, riflette su quanto gli stati affettivi della madre nonché le fantasie che i genitori formulano sul nascituro influiscano, ancor prima del parto, non solo sul suo sviluppo fisiologico, ma anche e soprattutto su quello mentale. A partire dal concepimento, i genitori fanno delle considerazioni sul nascituro, definendolo con dei connotati caratteriali e di personalità specifici. Facilmente, sostengono che è un tipo ‘nervoso’, ‘calmo’, ‘buono’ oppure agitato. Sono attribuzioni che pongono le loro radici nelle speranze, nei desideri, nelle ambizioni e nelle esperienze dei genitori, che, spesso, compiono un processo di scotomizzazione delle loro paure, proprio etichettando il bambino e cercando, in questo modo, di ridurre l’ansia determinata dal non conoscerlo e dal timore di non essere in grado di farsi carico delle proprie responsabilità.

In Introduzione al narcisismo Freud (1914) spiega come ‘His Majesty the Baby’ possa rappresentare, per i suoi genitori ‘la reviviscenza e la riproduzione del proprio narcisismo (…)’. ‘Si instaura in tal modo una coazione ad attribuire al bambino ogni sorta di perfezioni di cui non esiste indizio alcuno (…) nonché a dimenticare e coprire ogni sua manchevolezza (…). Esiste nei genitori anche la tendenza a sospendere in favore del bambino tutte le acquisizioni della civiltà al cui rispetto essi stessi hanno costretto il proprio narcisismo, e a rinnovare per lui la rivendicazione dei privilegi a cui da tempo hanno rinunciato. La sorte del bambino deve essere migliore di quella dei suoi genitori (…). Egli deve diventare il centro, il nocciolo del creato (…) deve appagare i sogni e i desideri irrealizzati dei suoi genitori (…). L’amore parentale, così commovente e in fondo così infantile, non è altro che il narcisismo dei genitori tornato a nuova vita’.

I genitori, quindi, in base alla definizione che lo stesso Freud enuncia delineando il concetto di ‘amore narcisistico’, apprezzano, nel proprio figlio, quel che essi stessi sono, quel che erano e quel che vorrebbero essere. Se non sono in grado elaborare in maniera attiva il proprio narcisismo, non riescono a riconoscere il bambino come un individuo separato da sé, con il rischio che rimanga ‘ingabbiato’ nei loro ideali narcisistici, nella mancanza di un proprio spazio psichico e nell’incapacità di sviluppare la propria identità.

Non accettato per quello che è, il bambino può arrivare a costituire quello che lo psicoanalista Donald Winnicott considera ‘falso sé’ ed essere, così, estraneo a se stesso. Haydée Faimberg, un’altra psicoanalista, nel suo saggio del 2006, Ascoltando tre Generazioni, definisce questa condizione come ‘identificazione genitoriale alienante’: una prigione dalla quale è impossibile evadere. E’ frutto di scissioni e di proiezioni e si esplicita in una ‘appropriazione’ e in una ‘intrusione’ operate dai caregiver verso il bambino che contengono in sé rispettivamente l’amore e l’odio narcisistico genitoriale. Nell’’appropriazione’, i genitori, ameranno nel bambino le parti che considereranno come buone e provenienti da sé, privandolo della sua identità positiva. Nell’’intrusione’, lo caricheranno di tutto ciò che non accettano di se stessi, con una doppia alienazione: di parti di sé e del bambino, connotandolo con un’identità negativa. Si tratta di un complesso e inconsapevole sistema di regolazione del suo comportamento, in base al quale i genitori tenderanno a disconfermare, soprattutto con il loro atteggiamento, tutte le espressioni e i modi di essere del bambino non confacenti con i propri.

Le identificazioni alienanti, per la Faimberg, costituiscono anche un legame tra generazioni e si oppongono a qualsiasi rappresentazione psichica e, di conseguenza, verbale. ‘L’oggetto di identificazione è in se stesso un oggetto storico. Perciò, e questo è essenziale, l’identificazione include necessariamente nella sua struttura elementi fondamentali della storia di questo oggetto’ che si tramandano per almeno tre generazioni, un concetto sintetizzato nel telescoping. E’ come se, a ogni bambino che nasce, venisse attribuita una ‘dote’ familiare che viene trasmessa dai genitori, che, a loro volta, l’hanno ricevuta dai propri, in maniera completamente inconsapevole. Fa riferimento a contenuti, spesso traumatici e angoscianti non elaborati dalle generazioni precedenti che lo condizionano in aspetti salienti dell’esistenza. Il bambino verrà, quindi, odiato non solo perché è diverso dai suoi genitori, ma anche e soprattutto - e paradossalmente - perché la sua storia sarà congruente con la storia dei genitori e con tutto ciò che essi non accettano di se stessi.