I disturbi ossessivi in diverse declinazioni

I disturbi ossessivi in diverse declinazioni

Non ce ne sono tracce neppure nella medicina greca e latina: la conoscenza dei disturbi ossessivi è indubbiamente più recente di quanto non sia quella dell’isteria e dei disturbi maniaco depressivi. Il motivo potrebbe essere da ricercarsi nella facilità con cui i disturbi rientranti in questa sfera siano integrati nella quotidianità e persino nella vita sociale, culturale e religiosa che presentano riti e ‘abitudini’ che si ripetono costantemente, senza che neppure si pensi a comportamenti che, in qualche misura, possono essere patologici.

Nel pensiero comune, per esempio, difficilmente si considera frutto di sofferenza il comportamento di chi, ogni giorno, ha l’esigenza di correre almeno un’ora perché, se non lo fa, inizia a provare una forte ansia. Anzi. Facilmente, si riterrà che sia una persona dotata di buona volontà e con sani principi ispirati al raggiungimento del benessere che la portano ad avere una buona cura del proprio corpo.

I sintomi ossessivo compulsivi, in altre parole, si mimetizzano negli anfratti del funzionamento e del pensiero considerati ‘normali’. Tuttavia, occorre effettuare una prima distinzione fra il disturbo ossessivo compulsivo di personalità e il disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Il primo è egosintonico, chi ne soffre, cioè, non è consapevole. Le sue caratteristiche e le sue manifestazioni difficilmente, infatti, arrivano ad essere invalidanti. Come scrive Nancy Mc Williams in La diagnosi psicoanalitica (1994), affligge ‘molte persone altamente produttive e degne di ammirazione’ dedite ad attività professionali di tutto rispetto, nello svolgimento delle quali, i meccanismi difensivi caratteristici del disturbo - isolamento dell’affetto, annullamento, intellettualizzazione, formazione reattiva e spostamento – hanno un ruolo importante poiché consentono alla persona di esercitarle. Un chirurgo, per esempio, difficilmente riuscirebbe a svolgere il suo lavoro, se non facesse ricorso a queste difese indispensabili per poter, magari, operare una persona a cuore aperto, nella piena consapevolezza delle conseguenze che ne possono derivare.

Ben diversa la situazione per il disturbo ossessivo compulsivo che è da attribuirsi a regressioni sadico anali. Chi ne è colpito si sente ‘posseduto’ e ‘assediato’ da pensieri, idee, parole o immagini che invadono la sua mente, ne riconosce l’irragionevolezza e sa di generarli in prima persona. Quasi sempre, all’ossessione, si aggiunge la compulsione, un vero e proprio impulso ad agire, compiendo azioni e rituali il cui scopo è attenuare l’insistenza dell’ossessione, come se si trattasse di un ‘rimedio magico’. Una volta attuato, l’atto compulsivo può dare un lieve sollievo i cui effetti cessano immediatamente. A lungo andare, l’invadenza sia dell’ossessione sia della stessa compulsione che ne deriva si aggrava. L’azione compulsiva, infatti, non può essere rimandata, si ripete infinite volte e si possono perdere di vista i motivi per cui è stata generata. Può presentare, inoltre, caratteristiche di ‘assuefazione’ aumentando, per esempio, per quantità e, quindi, per durata, suscitando disagi ancora maggiori.

Una seconda distinzione riguarda la gravità del sintomo. Come accade per tutte le altre patologie che affliggono la mente, anche i disturbi ossessivo-compulsivi vengono classificati lungo un continuum che va da un livello nevrotico a uno psicotico. Si possono cioè considerare i seguenti step:

  1. La persona ossessiva con un’organizzazione di personalità nevrotica
  2. La persona la cui ossessione è parte di una struttura di personalità borderline
  3. La persona ossessiva essenzialmente delirante, che usa pensieri ruminanti per evitare una totale scompensazione psicotica.