La nascita: un evento di cui si mantiene memoria, dal trauma alla ‘normalità’

La nascita: un evento di cui si mantiene memoria, dal trauma alla ‘normalità’

A differenza del concepimento che può essere pensato e desiderato dai genitori del nascituro, il parto, di per sé, sembra essere un avvenimento con caratteristiche più ‘fisiologiche’ e ‘meccaniche’ ed è un evento che lascia dei segni ben precisi nello psiche-soma del nascituro. In particolare, gli psicoanalisti Otto Rank e Donald Winnicott sono concordi nel sostenere che il bambino e, poi, l’adulto, mantengano inconsapevolmente delle tracce mnestiche dei particolari della nascita. Per il primo, si traducono in angoscia, per il secondo, in piacere.

Rank individua nel trauma della nascita l’origine del conflitto alla base della nevrosi e ne scruta le tracce in una miriade di comportamenti tendenzialmente patologici, poiché ricordano - o contrastano simbolicamente - paure difficilmente contenibili, proprio poiché fanno riferimento a un periodo in cui il bioniano ‘apparato per pensare’ non si è ancora costituito. Si tratta, per esempio, del timore del buio, che rievoca, nel bambino, il periodo in cui era nel ventre materno e dal quale ha dovuto distaccarsi, della claustrofobia, della paura degli animali, dovuta al desiderio di ritornare nel ventre materno facendosi divorare, della predilezione a succhiarsi le dita dei piedi, per riprodurre la posizione fetale, dell’esibizionismo, che consente di ritornare alla beatitudine dello stato originario concepito come stato di nudità e del masochismo che trasforma le sofferenze della nascita in piacere.

Se, per Rank, è vero che i pazienti vanno in terapia per ‘curare’ queste ed altre manifestazioni patologiche dovute al trauma della nascita, per Rank, è anche vero che i pazienti dimostrano, fin dalle prime sedute, come scrive nel 1924 ne Il trauma della Nacita, la stessa ‘tendenza a identificare la situazione analitica in quella uterina’. ‘L’analisi si dimostra quindi, a conti fatti, come il compimento suppletivo del trauma della nascita, non completamente superato’. La fine dell’analisi, in questa prospettiva, è un momento cruciale per andare oltre al trauma della nascita, considerato che, quando il paziente deve risolvere la nevrosi di transfert, ha la possibilità di ripetere la rescissione dalla madre, a suo tempo non completamente riuscita. Il compito dell’analista non sarà, quindi, tanto quello di verbalizzare il trauma della nascita, quanto quello di affrancare il paziente dalle sue angosce di separazione, in un processo riparativo e meno traumatizzante.

Ben lungi dal considerare la nascita sempre e solo come un evento traumatico, Winnicott distingue anche una nascita ‘normale’, in cui il trauma psicologico è ridotto al minimo. In questo caso, infatti, è lo stesso bambino che, essendo pronto per venire alla luce, ha causato la nascita e, sforzandosi di contorcersi o per bisogno di respirare o altro, ha fatto qualcosa. Così, dal suo punto di vista, la nascita è qualcosa di cui egli stesso è stato la causa.  Come Rank, tuttavia – ed è questo ciò che occorre sottolineare – sostiene che il processo della nascita non va perduto completamente, poiché ogni particolare di questo significativo evento della vita di una persona rimane registrato nella mente. Aggiunge anche che, di solito, viene ricordato ‘nel piacere che le persone trovano nei giochi che simbolizzano i vari fenomeni sperimentati dal bambino: il rovesciarsi, il cadere, le sensazioni derivanti dal passaggio dell’essere immersi in un liquido all’essere all’asciutto, dal trovarsi a una certa temperatura, all’essere costretti ad adattarsi al cambiamento di temperatura, dall’essere nutriti attraverso un tubo a dover dipendere per l’aria e il nutrimento da uno sforzo personale’. Ancora prima che i cognitivisti definissero il concetto di memoria implicita, già Rank e Winnicott, quindi, ne avevano intuito l’esistenza.