STRESS: CONOSCERLO PER INTERROGARSI E ANDARE OLTRE

STRESS: CONOSCERLO PER INTERROGARSI E ANDARE OLTRE

Lo stress causa fastidiosi sintomi sia fisici sia psicologici. I primi si concretizzano in uno spettro di disturbi che vanno dal sentirsi privi di energie al soffrire di mal di testa e si estendono fino al digrignamento dei denti – soprattutto durante il sonno ‑ al ronzio alle orecchie, alle tensioni muscolari, alla nausea, alla costipazione, all’aumento della sudorazione e della pressione arteriosa. Può inoltre portare ad un incremento delle probabilità di contrarre infezioni, sviluppare cardiopatie e persino il diabete. I sintomi psicologici si manifestano in rapidi cambiamenti di umore, nella difficoltà a rilassarsi e a dormire, nella scarsa autostima, in costanti preoccupazioni e nella tendenza a isolarsi, per evitare il contatto con altre persone.

 

Il primo a parlare di stress, fu il fisiologo statunitense Walter Bradford Cannon, nel 1935. Nel 1936, Hans Selye un medico austriaco trasferitosi in Canada, lo definì ‘Sindrome Generale di Adattamento’, cioè una reazione fisiologica aspecifica a stimoli esterni (stressor), la cui funzione è ristabilire un nuovo equilibrio interno, in una prospettiva che, almeno in origine, è adattiva. Successivamente, Henry Laborit, un medico, biologo e filosofo francese, grazie a una serie di esperimenti realizzati sui topi, dimostrò che, se prolungato nel tempo, lo stress può arrivare ad essere causa di somatizzazioni e peggiorare sintomi fisici già presenti, se chi lo subisce non può fuggire dalla situazione in cui si trova né scaricare la propria tensione su qualcun altro.

 

Le cause che più comunemente vengono imputate allo stress sono da ricercarsi nelle condizioni lavorative: i ritmi eccessivi, la precarietà, la mancanza di flessibilità negli orari, le scarse prospettive di crescita, l’inconciliabilità con le esigenze familiari, i rapporti con i colleghi spesso basati sulla competizione. Il problema è noto, tanto che, in base a quanto attesta uno studio realizzato dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, ben il 79 % dei dirigenti dell’Unione Europea è preoccupato per il livello di stress osservato nei rispettivi luoghi di lavoro e, per combatterlo, adotta strategie che discendono dalla direttiva europea 89/391 CEE come il nostro d. lgs 81/2008 sullo stress da lavoro correlato, attualmente in vigore.

 

Complici anche queste misure, il termine ‘stress’ dilaga nelle nostre espressioni quotidiane e persino negli studi medici, per assumere la stessa funzione degli emoticon sui cellulari che ci portano a non esprimere a parole, ma con la loro riduttiva e universale icona, il nostro stato d’animo. Così ‘Sono stressato’ è diventato un’espressione molto abusata e altrettanto generica, tanto è vero che lo stesso Selye, 40 anni dopo aver ‘coniato’ lo stress psicologico, ‘importandone’ il concetto dalla fisica, arrivò ad affermare che ‘tutti sanno di che cosa si parla quando si pronuncia la parola stress, ma nessuno sa realmente che cosa sia’. Oltre che per il lavoro, siamo stressati: dal partner, dai figli - soprattutto quando sono adolescenti - dalle suocere, dalla politica, dal traffico, dal trasloco, dallo spread, dalle condizioni climatiche, dal nostro cane – molto spesso stressato pure lui, tanto è vero che, sempre più spesso, c’è chi lo porta dal comportamentalista - dai treni, dal traffico, dai vicini di casa, dalla menopausa, dall’innamoramento e persino dai nostri brillanti successi professionali… Insomma: siamo stressati dalla vita e, quando lo affermiamo, chiudiamo il discorso, come se non ci fosse altro da dire, da chiedersi e soprattutto da fare. Rinunciamo, così, ad attivare le nostre risorse per fronteggiare le diverse situazioni che lo scatenano, alla nostra capacità di indignarci per cambiare la situazione in cui ci troviamo e soprattutto a quella di riflettere, per migliorare, per esempio, le nostre capacità relazionali, coniugali, professionali, economiche, sociali e finanziarie, con il desiderio più o meno dichiarato che il solo riposo o, magari, una pillola possano risolvere il problema.

 

Questa semplificazione presenta il vantaggio di non farci provare la dolorosa sensazione di essere in balia di eventi emotivi profondi e, come tali, caotici, imprevedibili e capaci di suscitare in noi forti angosce. Ci consente di scansare la fatica di pensare e soprattutto quella di guardarci dentro per ascoltare le mille sfumature delle nostre emozioni per scoprire così nuovi aspetti di noi stessi. Finisce per appiattire e per banalizzare i complicati vissuti che, in ciascuno di noi, vanno ad aumentare il peso con cui ogni evento esterno grava sulla nostra interiorità.

 

L’esperienza clinica dimostra che le difficili relazioni con il capo, per esempio, molto spesso, a ben guardare, fanno risuonare in noi le lontane e dolorose esperienze con un padre o una madre troppo autoritari; la competizione con i colleghi riaccende quella mai sopita e inarrestabile che abbiamo avuto con i nostri fratelli; l’adolescenza dei nostri figli ci riporta ineluttabilmente e inderogabilmente alle problematiche non risolte della nostra; il pessimo rapporto con la suocera ci costringe a rivivere le gelosie e l’invidia che, in età prescolare, provavamo verso il papà o la mamma; il trasloco ravviva le nostre dolorose esperienze di perdita non ancora del tutto elaborate, mentre il successo, ci pone di fronte al timore di perderlo, a quello di suscitare invidia e di essere migliori, per esempio, dei nostri genitori o dei nostri fratelli.

 

Certo, limitarsi a rievocarle ‘storicamente’, per come sono andati i fatti è un’operazione che potrebbe rivelarsi altrettanto inutile. Può essere un valido aiuto, invece, riflettere su ciò che ci sfugge e che tanto ha contribuito, nel nostro tortuoso cammino di vita, a bloccare i processi di crescita e di cambiamento a cui siamo stati interessati. Si tratta di afferrare, per viverle, tutte le emozioni che non siamo stati in grado di riconoscere ed accettare, come la rabbia, l’odio, l’invidia, la gelosia, la distruttività e i tanti sensi di colpa spesso negati. Frequentemente, ne siamo custodi inconsapevoli e non riusciamo a prestare loro ascolto perché ci mettono in crisi. Al loro cospetto, frequentemente, ci sentiamo come se fossimo ancora bambini, come se non ci rendessimo conto che siamo cresciuti e che, rispetto ad allora, abbiamo ben altre risorse per fronteggiarle. Nel frattempo, infatti, le capacità di contenimento della nostra mente sono aumentate e abbiamo la forza per gestirle.

 

I testi su cui ho ragionato

Argentieri S- - Gosio N. (2015). Stress e altri equivoci, Einaudi, Torino,

Selye H. (1936). The stress of Life, Mc Graw Hill

Selye H. A Sindrome Produced by Diverse Nocuous Agent, in Nature n. 138 (1936).