La nostra memoria va ben oltre a ciò che ricordiamo

La nostra memoria va ben oltre a ciò che ricordiamo

L’origine dei bambini ha luogo quando sono pensati. A riconoscere che la nascita psicologica di un essere umano avviene già nel periodo di gestazione non è stato solo lo psicoanalista Donal Winnicott che lo ha ipotizzato per primo. E’ una conclusione alla quale, per percorsi differenti, sono giunti sia le neuroscienze sia altri psicoanalisti. Tutti evidenziano come, nel corpo, rimangano tracce delle percezioni sensoriali che lo psicoanalista Antonio Imbasciati definisce ‘protoemozioni’. L’individuo le avverte anche nel periodo prenatale. Possono emergere in qualunque momento dell’esistenza, anche in base alle esperienze del qui ed ora, poiché rimangono impresse nella memoria. Ne esistono di diversi tipi, è fortemente condizionata dagli affetti e ha una funzione essenziale per l’identità dell’individuo, nonché per l’organizzazione della sua coscienza e del suo inconscio.

La prima distinzione fra memoria a breve termine o memoria di lavoro o memoria operativa e memoria a lungo termine risale al modello elaborato da Atkinson e Shiffrin (1971): per essere immagazzinate nella memoria a lungo termine e rimanervi impresse per tutta la vita, le informazioni e le esperienze devono essere selezionate ed elaborate nella memoria di lavoro, come prevede la teoria di Craik e Lockhart. Ci sono, poi, altre classificazioni più ‘capillari’ che, si potrebbe dire, definiscono la memoria in maniera ‘orizzontale’ e ne individuano dei sottosistemi, distinguendoli per specifiche funzioni che si possono sintetizzare in:

  • memoria motoria, necessaria per effettuare gli atti quotidiani;
  • memoria sensoriale – iconica, ecoica, tattile, olfattiva e gustativa – strettamente connessa alle afferenze sensoriali;
  • memoria cognitiva che si estende a tutti gli apprendimenti;
  • memoria musicale, la più complessa, che è la risultante di memoria motoria, posizionale, uditiva e visiva;
  • memoria genetica, che consente di adattarsi all’ambiente;
  • memoria storica, che può riguardare un intero Paese.

C’è, infine, una classificazione di tipo ‘verticale’ che comprende:

  • la memoria esplicita, il cui aspetto saliente consiste nella sua capacità di essere evocata e verbalizzata e permette all’individuo di realizzare un processo ricostruttivo della propria storia e, quindi, di ritrovare le proprie radici;
  • la memoria implicita che, collegata a esperienze non coscienti né verbalizzabili, consente di riconoscere un oggetto in base a un’esperienza sensoriale pregressa, anche in maniera subliminale rispetto al livello di coscienza;
  • la memoria procedurale che permette di compiere i gesti quotidiani e le attività sportive in automatico, senza che raggiungano il livello di coscienza;
  • la memoria emotiva e affettiva, il cui ruolo è conservare le emozioni connesse ai primi contatti dell’individuo non solo con l’ambiente in cui nasce, ma anche con quello in cui vive prima della nascita.

La memoria implicita sembra essere quella più ‘antica’, forse, la prima a costituirsi, tanto che ci sono evidenze che ne attestano l’attività già nel feto.

Le neuroscienze, in particolare gli studi e gli esperimenti delle sullo sviluppo del linguaggio, per esempio, evidenziano come la percezione del linguaggio verbale abbia inizio già negli ultimi tre mesi di vita uterina, quando il feto impara a riconoscere l’intonazione e le strutture accentuative che caratterizzano sia la voce della madre sia i suoni di quella che diventerà la sua prima lingua. Viene da sé che, già subito dopo la nascita - benché nell’utero la voce della madre abbia caratteristiche diverse da quella che si percepisce all’esterno - grazie alla memoria implicita e a quella affettiva, il bambino è in grado di riconoscerla, per motivi di sopravvivenza e di attaccamento innati.

A partire dagli ultimi mesi di gravidanza il bambino, dunque, prova esperienze sensoriali che hanno come referente principale il corpo e si esplicitano nelle relazioni primarie vissute con la madre e con l’ambiente in cui cresce e in cui sono veicolati emozioni e affetti. Possono avere connotazioni sia positive sia traumatiche, dovute all’inadeguatezza dei genitori, alla loro patologia mentale, a eccessive frustrazioni e, persino, a violenze e abusi. Si tratta di esperienze preverbali e presimboliche che inducono il bambino a svolgere il suo primo compito creativo e, cioè, organizzare le prime rappresentazioni affettive e collocarle nel tempo e nello spazio. Grazie ad esse, costruisce il suo mondo interno, con le fantasie e le difese che sviluppa nei suoi primi impatti con la realtà. Il destino di queste esperienze è essere memorizzate, per andare a costituire quella che lo psicoanalista Mauto Mancia definisce ‘l’essenza della memoria implicita’, un nucleo inconscio della personalità che condiziona gli affetti, il comportamento e il modo di stare in relazione con gli altri di ciascun individuo, dalla primissima infanzia fino alla morte.

Questo nucleo inconscio del Sé, è quello che Mancia definisce ‘inconscio non rimosso’. In effetti, ‘non può andare incontro a rimozione, in quanto non sono ancora mature le strutture relative alla memoria esplicita necessarie per il processo della rimozione’. Costituendosi, inoltre, in un’epoca preverbale e presimbolica, resta al di fuori della coscienza, ma condiziona la vita affettiva, emozionale, cognitiva e creativa del soggetto. Non può essere né evocato né descritto, ma determina l’essenza di una persona e può manifestarsi in più circostanze: nel suo modo di percepire, essere, relazionarsi con l’altro e con il proprio corpo, nel rapporto con la realtà, nei sogni e nelle diverse espressioni artistiche, come il linguaggio poetico, pittorico e musicale.